Sul corpo: né critiche, né complimenti, grazie

Uno dei fattori cruciali che predispongono a un problema di sovrappeso o di obesità è l’insoddisfazione nei confronti del proprio corpo.

La generale attenzione della nostra società ai temi del corpo e dell’alimentazione, con il paradosso di una valorizzazione estrema della magrezza che va di pari passo con una grande offerta di cibo, ci spiega come le persone esprimano sempre più il loro disagio attraverso comportamenti alimentari disturbati.

Il controllo sul cibo e sul corpo diventa mezzo per l’espressione di una miriade di significati: il corpo magro può diventare un elemento di successo personale esibito agli altri od anche, sopratutto nei più giovani, terreno di sfida sul quale giocare la propria identità all’interno della famiglia.

In sostanza: si controlla il cibo per tentare di controllare il corpo ma così non si fa altro che sottrarre quel corpo dei molti altri significati che esso può assumere per l’individuo: corpo come mezzo di espressione (per esempio emotiva o artistica), corpo come strumento di conoscenza del mondo, corpo come possibilità di esplorare la propria forza fisica, corpo come mezzo per instaurare relazioni interpersonali più o meno intime e, di conseguenza, come luogo di sensazioni e di ricordi.

Tutta questa complessità, nella persona che usa il corpo per le proprie battaglie di riconoscimento sociale, sembra perdersi o quantomeno rimanere sullo sfondo condannando l’individuo a quotidiane lotte per “controllare sempre di più”, in vista di un’auspicata trasformazione.

Se sul valore del corpo è bene battersi contro ogni riduzionismo, lo stesso occorre fare con tutti quelli che possono essere i fattori collegati alla manifestazione di una simile insoddisfazione.

D’altra parte, occorre dirlo: nessuno di noi nasce insoddisfatto di come appare.

A differenza di una pagina bianca che non ha nulla da raccontare, il corpo racconta una storia, la vostra storia. E’ possibile che un’immagine corporea negativa sia comparsa molto presto nella vostra vita o che sia peggiorata in alcuni momenti fondamentali della vostra esistenza. I motivi possono essere diversi: indubbiamente viviamo in una società che sembra costantemente segnalarci l’importanza di possedere un corpo con certe, precise, fattezze; ma non bisogna considerare meno importanti fattori personali che vanno dai vissuti connessi alle trasformazioni fisiologiche in adolescenza, alla relazione con figure importanti del proprio contesto famigliare e quindi al dialogo sul corpo che con queste persone può esserci stato, fino alle esperienze che col corpo abbiamo fatto nell’intero arco della nostra vita e, di conseguenza, alla possibilità di recuperare dalla memoria sensazioni e percezioni più o meno positive.

In questa moltitudine di fattori influenti, oggi mi vorrei soffermare sull’impatto delle critiche e dei complimenti: due espressioni di giudizio che sembrano rappresentare i lati opposti di una medaglia e che, proprio per questo motivo, a volte, sembrano l’uno l’antidoto dell’altra. Capita così che la persona sensibile al tema dell’aspetto fisico, convinta di poter riconoscere positivamente i sacrifici fatti verso chi ha saputo trasformare il proprio aspetto, ne sottolinei i successi con frasi del tipo: “ti vedo in forma”, o “come sei dimagrita!, stai benissimo”. Chi di noi, almeno una volta nella vita, non si è lanciato in questo tipo di considerazioni?

Esprimere giudizi positivi, in questi casi, sembra equivalere alla somministrazione di un antidoto contro il veleno della critica, contro il giudizio negativo delle persone “cattive” e “insensibili” che, con le loro parole disprezzanti, hanno ferito l’immagine, quando non anche l’autostima, del malcapitato di turno.

Ebbene, ahimè, quella che può sembrare una pozione curativa può rivelarsi altrettanto subdola di ciò che appare sfacciatamente dannoso.

Come abbiamo detto in precedenza, la persona già troppo attenta al proprio corpo, non ha certo bisogno di essere rinforzata nel continuare a investire i propri sforzi sul controllo della propria immagine. Molto meglio, allora, un “come stai?” che ci toglie dal tema del corpo e restituisce a chi rivolgiamo la nostra attenzione la possibilità di esprimere con parole proprie il suo stato.

Ecco spiegato il senso del titolo di oggi: niente critiche né complimenti quando c’è di mezzo l’aspetto. Il complimento al corpo non arricchisce la persona e non toglie valore a una battaglia che, come abbiamo detto, non avrebbe senso di esistere in una società capace di valorizzare la qualità umane.

Senza contare che, se siamo persone avvezze al complimento, il nostro interlocutore potrebbe dedurre che siamo anche altrettanto facili alla critica. Ciò potrebbe indurre l’altro ad un maggiore controllo di come appare quando è in nostra presenza o ancora più drasticamente ad evitarci quando sente di non essere all’altezza del nostro giudizio.

Tutto ciò appare particolarmente importante nel contesto della relazione genitore-figlio in cui i complimenti non dovrebbero mai essere rivolti all’aspetto fisico.

Per supportare un sano sviluppo dell’immagine corporea nei bambini è meglio invece fornire un’adeguata stimolazione fisica (attraverso il gioco e il contatto materno, per esempio), incoraggiare alla sperimentazione delle proprie capacità di forza e coordinazione, insegnare a prestare attenzione alle sensazioni interne, veicolare una capacità critica nei confronti dei mass media ma, soprattutto, essere consapevoli di rappresentare un modello.

Non possiamo infatti aspettarci che nostra figlia/nostro figlio crescano senza il mito del corpo perfetto passando ore davanti allo specchio alla ricerca di invisibili difetti od osannando la modella di turno per la sua sfrontata bellezza.

 

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