Nella comune accezione della terminologia “restrizione dietetica”, intendiamo solitamente includere quelle situazioni in cui un soggetto si priva di alcuni alimenti, per i motivi più disparati. Noi però, in questo blog, parliamo di perdita di peso corporeo perciò intendiamo riferirci alla restrizione dietetica che le persone attuano al fine di veder scendere il proprio peso o di mantenerlo.
Quello che forse non sapete, però, è che le restrizioni dietetiche non sono tutte uguali. Esiste una restrizione di tipo calorico che consiste in una vera e propria ipoalimentazione nel senso fisiologico del termine; ed esiste, poi, una restrizione calorica cosiddetta “cognitiva” che indica il tentativo di restringere l’alimentazione ma che non necessariamente si coniuga con una ipoalimentazione (restrizione dietetica calorica). Questo secondo tipo di restrizione, di tipo più subdolo, per così dire, si regge spesso su regole auto-imposte, anche molto rigide, che riguardo all’alimentazione. Sono regole singole o multiple e possono variare nel loro contenuto ma, grosso modo, posso riguardare:
- Cosa mangiare/ cosa NON mangiare;
- Quando mangiare/ quando NON mangiare;
- Quanto mangiare (limiti di calorie, di numero di pezzi, di dimensione delle porzioni, ecc.)
- In che occasioni mangiare (solo se “necessario”, in solitudine, solo dopo esserselo meritati, ecc.)
In questo modo, almeno cognitivamente, la persona è perennemente a dieta; nella sua testa, infatti, vi sono precise regole che consentono di mantenere un apparente controllo sul cibo il quale, a sua volta, almeno fin quando non viene meno, consente di mantenere una sensazione di efficacia personale e di forza di volontà indomita.
Sebbene la restrizione dietetica cognitiva, come abbiamo detto, non sempre è seguita da una concomitante restrizione calorica, i problemi non tardano ad arrivare. Se le regole auto-imposte sono troppe o troppo rigide, il rischio è quello di finire con l’abbuffarsi: i limiti vengono deliberatamente infranti a causa del desiderio di concedersi ciò di cui ci si è per lungo tempo deprivati. Il controllo sull’alimentazione, proprio per la forma di restrizione protratta, viene meno e, di conseguenza, si eccede (da qui l’abbuffata).
Un contorto giro di parole per chiederti una cosa piuttosto importante:
“Non è che, per caso, sei perennemente a dieta?”
Il tono della domanda è piuttosto ironico ma il contenuto, credimi, è assolutamente serio e degno di attenzione. Se ti riconosci nel profilo di colei/colui che è perpetuamente a dieta, qualcosa non va.
E’ vero, anche io ho usato molto spesso negli articoli di questo blog il termine “dieta” ma in questa circostanza è bene mettere i puntini sulle “i”. Se con la parola “dieta” intendiamo l’applicazione di regole alimentari inflessibili nel lungo termine, allora ti posso sconsigliare vivamente di “metterti a dieta”. Se, invece, intendiamo con questo termine delle linee guida alimentari flessibili utilizzate nell’ottica dell’ottenimento di una perdita di peso ragionevole, allora parliamo la stessa lingua.
Per rendere il concetto di più immediata comprensione ti propongo una domanda ancora più pragmatica: “sei quel tipo di persona che alterna da molti anni periodi di regime dietetico impeccabile (o quasi) a tremende e incontrollabili abbuffate?”
Se pensi di corrispondere a questo ritratto, probabilmente stai attuando una restrizione dietetica cognitiva. Non è detto che il tuo peso sia quello di una persona sovrappeso od obesa ma, rimane il fatto, che questo stile di vita comporti una serie di effetti negativi non trascurabili.