
Quando una persona con obesità si rivolge a un professionista per affrontare la sua patologia, è facile che l’attenzione si concentri su calorie, movimento, metabolismo o farmaci. I tentativi di controllare il peso si ripetono uno dopo l’altro, come in un copione già scritto in cui non accade mai nulla di nuovo. Ma spesso dietro al corpo che cambia, dietro alla difficoltà nel rapporto con il cibo, si nasconde qualcosa di più profondo: una storia. Una storia di esperienze dolorose, stress cronico, traumi relazionali, che hanno lasciato tracce nel cervello, nelle emozioni e nei comportamenti e che pochi riescono effettivamente a vedere.
Un approccio trauma-informed (cioè “informato dal trauma”) ci invita a cambiare prospettiva: l’interrogativo clinico non è più “Che cosa c’è che non va in questa persona?”, ma “Che cosa è successo a questa persona?”.
È un modo di curare che riconosce l’impatto del trauma e ne tiene conto in ogni passo della relazione terapeutica — dal linguaggio alle procedure, fino al modo in cui viene costruita la fiducia.
Che cosa significa “trauma-informed”
Un approccio trauma-informed care (TIC) non è una tecnica, ma una cornice di lavoro.
Secondo i principi sviluppati dalla Substance Abuse and Mental Health Services Administration (SAMHSA), un sistema sanitario o un professionista “trauma-informed” riconosce:
- la prevalenza del trauma nella popolazione;
- il suo impatto sulla salute fisica e mentale;
- l’importanza di evitare di riattivare le ferite (ritraumatizzione);
- il bisogno di sicurezza, fiducia, empowerment e collaborazione nel percorso terapeutico (SAMHSA, 2014).
È un approccio che cambia radicalmente l’obiettivo terapeutico: da “come posso far perdere peso?” a “come posso aiutare questa persona a sentirsi al sicuro nel proprio corpo?”. Perché sì, quando si tratta di trauma, specialmente se relazionale, il corpo si fa carico di tutto ed è per questo che esso deve essere il focus principale.
Lo studio ACE: quando tutto partì dall’obesità
La connessione tra trauma e obesità è stata scoperta quasi per caso.
Alla fine degli anni ’80, il medico Vincent Felitti, responsabile di un programma di cura per l’obesità alla Kaiser Permanente Clinic di San Diego, notò qualcosa di sorprendente: molte delle persone che avevano perso peso in modo significativo lo recuperavano rapidamente.
Durante i colloqui, Felitti si accorse che una parte consistente di questi pazienti riportava storie di abuso, trascuratezza o violenza vissute nell’infanzia. Da lì nacque l’idea di indagare sistematicamente le “esperienze avverse infantili” (Adverse Childhood Experiences – ACEs). Esperienze vissute nell’infanzia che incidono significativamente sui processi di attaccamento e che si possono definire “incidenti di percorso” negativi più o meno cronici rispetto all’ideale percorso evolutivo sia sul piano personale che relazionale.
Lo studio, pubblicato nel 1998 insieme ai Centers for Disease Control and Prevention (CDC), non era nato per studiare il trauma, ma per capire perché certi percorsi di perdita di peso fallissero. Il risultato fu rivoluzionario:
chi aveva accumulato più eventi traumatici da bambino (abusi fisici, emotivi, sessuali, trascuratezza, genitori con dipendenze, violenza domestica, ecc.) presentava, in età adulta, un rischio molto più alto di obesità, diabete, malattie cardiovascolari, depressione e dipendenze (Felitti et al., 1998).
In altre parole, la ricerca sull’obesità fece emergere la traccia biologica e comportamentale del trauma.
Perché il trauma è rilevante nel trattamento dell’obesità
Oggi sappiamo che esperienze traumatiche, soprattutto infantili, possono influenzare la regolazione dello stress, dell’appetito e dell’energia. L’attivazione cronica del sistema dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) altera la produzione di cortisolo e può favorire l’aumento di peso (Danese & Tan, 2014).
Sul piano psicologico, il trauma modifica la percezione di sicurezza interna:
- alcune persone cercano nel cibo un regolatore emotivo;
- altre vivono il corpo come qualcosa di estraneo o pericoloso;
- altre ancora usano il peso come “corazza” protettiva contro un mondo percepito come minaccioso.
Un approccio trauma-informed aiuta a leggere questi comportamenti non come fallimenti, ma come strategie di sopravvivenza sviluppate in risposta a esperienze avverse.
Come si traduce in pratica un approccio trauma-informed
Nella terapia dell’obesità, adottare un approccio informato dal trauma significa:
- Creare sicurezza: l’ambiente (fisico ed emotivo) deve essere accogliente e rispettoso, senza giudizi o pressioni.
- Costruire fiducia e collaborazione: il paziente partecipa attivamente alle decisioni.
- Linguaggio non stigmatizzante: evitare parole che evocano colpa, vergogna o fallimento.
- Educare sul trauma: aiutare la persona a comprendere il legame tra esperienze passate, regolazione emotiva e alimentazione.
- Integrare interventi regolatori: come mindfulness, EMDR, terapia cognitivo-comportamentale sensibile al trauma, o pratiche somatiche per ristabilire un senso di sicurezza nel corpo.
- Coordinare il team: tutti i professionisti (nutrizionisti, psicologi, medici, infermieri) devono essere formati su come riconoscere e gestire reazioni legate al trauma.
I vantaggi documentati
Diversi lavori recenti hanno evidenziato che un approccio trauma-informed nei percorsi di cura dell’obesità può:
- migliorare la fiducia e l’aderenza al trattamento (Williams et al., 2022);
- ridurre lo stigma percepito e la vergogna corporea (Puhl & Suh, 2015);
- aumentare l’efficacia dei programmi di gestione del peso e dei percorsi post-chirurgici (Springer, 2024).
Ma, soprattutto, restituisce alla persona il senso di essere vista, capita e non giudicata — condizione indispensabile perché qualsiasi cambiamento possa davvero avvenire.
Riferimenti essenziali
- Felitti VJ et al. (1998). Relationship of Childhood Abuse and Household Dysfunction to Many of the Leading Causes of Death in Adults. Am J Prev Med, 14(4):245-258.
- SAMHSA. (2014). SAMHSA’s Concept of Trauma and Guidance for a Trauma-Informed Approach.
- Danese A, Tan M. (2014). Childhood maltreatment and obesity: systematic review and meta-analysis. Mol Psychiatry, 19(5):544-554.
- Williams O, et al. (2022). Trauma-Informed Approaches to Obesity Care. Curr Obes Rep, 11(4):275-285.
- Puhl RM, Suh Y. (2015). Health consequences of weight stigma. Curr Obes Rep, 4:182-190.
- Springer M. (2024). Trauma-Informed Care in Bariatric Surgery: A Narrative Review. Obes Surg, 34(6):1234-1245.

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